In che modo si può partorire?

Le posizioni del parto

Nell’immaginario collettivo la posizione in cui la donna partorisce è quella ginecologica, detta anche litotomica. Anni e anni di racconti, immagini, libri illustrati, film portano senza dubbio a pensare che la posizione del parto sia quella sdraiata, con le gambe all’aria, le mani ben aggrappate a delle maniglie, il mento sullo sterno e possibilmente il respiro trattenuto.

Niente di più sbagliato!!

La posizione in cui la donna può partorire è sempre e solo quella che preferisce, quella in cui sta più comoda, in cui percepisce meglio il proprio corpo e le sensazioni correlate.

Numerosissimi studi dimostrano che se la donna è lasciata libera di muoversi, di cambiare posizione, di sperimentare e di trovare la modalità a lei adatta, il travaglio è più veloce, più facilmente gestibile e con esiti migliori per lei stessa e per il suo bambino.
Le contrazioni, infatti, con il movimento e i cambi di posizione, possono essere più intense ed efficaci con frequente e considerevole riduzione dei tempi del travaglio, ma al contempo la sensazione associata può essere meno dolorosa.

Inoltre, la donna che si è potuta muovere con libertà e che ha potuto decidere cosa fare, percepisce di aver avuto un ruolo attivo e protagonista, con ottimi esiti anche nella rielaborazione dell’evento nascita.

Dondolii, oscillazioni, movimenti rotatori, piccoli piegamenti, spostamenti dolci e ritmici del corpo, delle gambe, del bacino, del busto sono sempre utili e spesso graditissimi nella gestione delle sensazioni del travaglio.

Allo stesso modo durante il parto, ossia nel cosiddetto periodo espulsivo, la donna deve essere lasciata libera di decidere in che posizione assecondare le spinte e partorire, sotto la guida del suo corpo e delle sue sensazioni.
Non esiste una posizione corretta, non esiste una posizione più efficace: ogni donna, se libera di fare, trova la sua.
Importante è, tuttavia, se la mamma lo richiede, aiutarla e condurla nella scoperta delle varie opzioni possibili.
In piedi, accovacciata, sdraiata su un fianco, a carponi, aggrappata ad un supporto, appoggiata con le mani al muro, abbracciata al compagno, seduta su una palla, in ginocchio, semiseduta… Le possibilità e le varianti di ognuna sono così numerose che ogni donna può inventare e sperimentare!

Ad oggi si sa che l’unica posizione concettualmente errata per travagliare e partorire è quella ginecologica.
I motivi? Sono numerosi!
Per prima, cosa rimanendo a lungo supine il ritorno venoso non è favorito: l’utero con il suo peso può comprimere la vena cava, struttura che porta il sangue dalla periferia del corpo verso il cuore e che passa proprio posteriormente rispetto l’utero. In questo modo, se il flusso non è agevolato nel suo passaggio, l’irrorazione sia della madre, sia del bambino possono risentirne.
Inoltre, la staticità dello stare a letto non aiuta quei movimenti di gambe, busto e bacino importanti per il travaglio.
Va anche considerato che durante il parto avere le gambe all’aria e quindi la mancanza di appoggio sotto ai piedi non favoriscono la capacità di spingere della donna.
La posizione litotomica, come è evidente, non sfrutta la gravità, poiché il canale del parto, a quel modo, non è direzionato verso il basso ma verso l’alto.
Va ricordato che il neonato durante il suo passaggio verso il mondo deve compiere movimenti e rotazioni che gli consentono di adattarsi alla struttura del bacino e avanzare senza ostacoli. Un aiuto che gli si può offrire è quello di sfruttare il potere della gravità, cosa che stando sdraiate con le gambe alzate ovviamente non si verifica.

Importantissima da considerare, è anche la capacità mobile del bacino: seppur se lo si immagini spesso un blocco unico, il bacino è invece una struttura complessa formata da diverse ossa (pube, ileo, ischio) che prende rapporti con altre strutture complesse (osso sacro, coccige, femori) e numerosissime articolazioni.
Durante la gravidanza per effetto degli ormoni, le articolazioni del bacino si fanno ancora più morbide ed elastiche, consentendogli di acquisire ancor più mobilità rispetto la condizione pregravidica.
Al parto, la grandissima abilità di questa meravigliosa struttura è quindi quella di muoversi, spostarsi, aumentare e diminuire i suoi diametri in base alle necessità della madre e del bambino.
Se si costringe la donna a letto o alla staticità, i movimenti e spostamenti delle parti del bacino non si possono verificare efficacemente, che si può tradurre, per dirne alcuni, con un passaggio meno agevole per il feto nel canale osseo, una maggior difficoltà della madre nell’accompagnare la discesa del suo piccolo, un aumento delle tempistiche del travaglio e del parto.

La mamma deve avere la possibilità di sperimentare, decidere, provare, cambiare, ritentare, trovare la sua modalità. E in alcun modo andrebbe ostacolata. 

Il parto è un momento fondamentale e determinante per le vite della donna e del bambino. La nascita è per il piccolo una base per la sua futura affettività, la sua futura capacità sociale e ha altre molteplici implicazioni.
La maternità, seppur per numerose donne inizi molto prima della gravidanza, getta importanti basi e grosse radici al momento del parto.
Lasciare alla donna la libertà di scegliere, la possibilità di ascoltarsi, consentirle di essere, assieme al suo bambino e a chi la accompagna, la protagonista dell’evento nascita, ha benefici a breve e a lungo termine su di lei, sul piccolo e sulla famiglia.

La donna sa partorire.
Il suo corpo può parlarle, può guidarla, può dirle cosa è meglio.
E’ mamma. Puo’ farlo.

 

 

Vademecum per genitori assonnati

Tratto dal libro “E se poi prende il vizio?” di Alessandra Bortolotti
  • E’ normale e fisiologico che i bambini abbiano risvegli notturni, di solito fino ai tre anni di età.
  • I neonati e i bambini hanno innate tutte le competenze necessarie per acquisire spontaneamente ritmi fisiologici di sonno/veglia. Basta non interferire e conoscere la fisiologia per accompagnarli serenamente verso questo atto di crescita.
  • Quando nasce un bambino i suoi ritmi di sonno sono sincronizzati con quelli della madre e continuano a esserlo nei mesi seguenti, se questi dormono vicini. Perciò la madre avrà un sonno migliore e più ristoratore se dorme vicino al suo bambino.
  • In molte culture è normale che i bambini dormano coi genitori senza conseguenze patologiche di nessun genere sia a breve, sia a lungo termine.
  • L’allattamento al seno a richiesta è tale se effettuato anche di notte, anzi, di notte il latte della mamma è ancora più facile da succhiare perché aumentano le concentrazioni materne di prolattina e ossitocina, gli ormoni dell’allattamento.
  • Fino al terzo mese di vita il bambino non attraversa stadi di sonno profondo, né secerne in maniera stabile la melatonina (un ormone che induce il riconoscimento e l’instaurarsi dei ritmi/buio), per cui non ha senso l’idea secondo cui il neonato possa “scambiare il giorno per la notte”.
  • Esistono molti libri in commercio che suggeriscono metodi per far addormentare i bambini: sono privi di qualsiasi riscontro scientifico e molte associazioni di pediatri si sono espressi sulla loro “pericolosità”. Nessun bambino è uguale a un altro e un modo di dormire uguale per tutti non esiste.
  • I genitori sono liberi di scegliere modalità e luoghi in cui tutta la famiglia dorme meglio.
  • Il sonno è un’esigenza fisiologica come mangiare, bere, muoversi: tutti i bambini a loro modo, prima o poi, mangiano e bevono da soli, camminano, dormono senza bisogno del sostegno dei genitori. Si tratta di una conquista di autonomia graduale e rispettosa dei tempi di ogni bambino e della fisiologia.
  • I bambini che hanno effettivi disturbi del sonno non sono quelli che si svegliano durante la notte, ma quelli che non riescono a riaddormentarsi anche per ore dopo il risveglio notturno.
  • Rispondere prontamente ai bisogni del bambino e ai suoi segnali, sia di notte sia di giorno, non lo vizia ma costituisce la base per la sua autostima e per la fiducia negli altri anche in età adulta.

 


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